Sembra impossibile, eppure potrebbe essere proprio così: non vedremo più Gianni Govoni in gara. Dopo un arco di tempo di poco più di quarant’anni in cui lui ha rappresentato una delle realtà più entusiasmanti del salto ostacoli azzurro con la partecipazione a due Olimpiadi (1992 e 2000), tre Campionati del Mondo, otto Campionati d’Europa (quattro tra juniores e young rider), una finale di Coppa del Mondo, 64 presenze in Coppa delle Nazioni con l’esordio nel 1986. Ma soprattutto – al di là di numeri e risultati – dopo essere stato ammirato ovunque nel mondo come uno dei cavalieri più ricchi di talento e aggressività agonistica, magnifico rappresentante di tutte le migliori qualità dello sport equestre italiano. Oggi, a 58 anni compiuti lo scorso 6 aprile, la decisione: mi fermo.
«L’estate scorsa ho avuto improvvisamente una specie di visione istantanea di come e quanto le cose fossero cambiate: è cambiato tutto, lo sport, il livello dei cavalli, la quantità di cavalli che servono, la quantità di concorsi che si devono affrontare… Dopo quarant’anni di questa vita forse per la prima volta ho avvertito un po’ di stanchezza: continuare a questo livello oggi è dura. Così ci ho pensato per un po’ e adesso ho deciso».
È cambiato tutto, sì, ma non è poi così diverso da quando lei è stato ai massimi livelli del salto ostacoli mondiale…
«Ma forse ero più giovane… Poi allora un cavallo importante bastava, oggi non più, oggi per mantenere quello che è stato il mio livello di competitività abituale di cavalli numero uno ce ne vogliono almeno tre. Poi il punto è proprio questo: io sono sempre fatto allo stesso modo, se vado in gara devo essere competitivo… Ovviamente non si può vincere sempre ma io, per come sono fatto io, devo avere la sensazione di poter combattere per vincere nel momento in cui sono in sella al mio cavallo migliore. E adesso tutto questo è diventato troppo difficile, le condizioni sono troppo complicate… e in più ho cominciato a sentire il peso e la fatica di una vita vissuta come l’ho vissuta io in quarant’anni di sport. Così mi sono detto: aspetta un attimo, forse è arrivato il momento di fermarsi».
Ha detto però… forse! Magari tra qualche tempo ci ripensa…
«Non lo so, per adesso sono contento così, magari tra un anno o due mi ritorna la voglia e allora mi rimetterò gli stivali, chissà… ma per adesso no. Basta. Ho fatto l’ultimo concorso in Bahrein lo scorso mese di gennaio, poi sono tornato e ho deciso: mi fermo qui. Allora ho voluto fare proprio una specie di esperimento su me stesso: sono andato ad Arezzo la prima settimana del Toscana Tour e poi al Campionato d’Italia di Cervia per vedere quale effetto mi avrebbe fatto essere in concorso senza montare, sapendo di non doverlo più fare, pensando di essere ormai un ex cavaliere… Beh, non mi ha fatto alcun effetto!».
Oltretutto il suo non è di certo un addio allo sport… !
«Ma infatti: continuo la mia attività di commercio, faccio stage, seguo allievi, vado ai concorsi… solo con i tempi e i modi giusti, senza strafare e soprattutto senza più dover pensare a me in gara. Non ho cent’anni, sto bene, sono tranquillo, voglio lavorare… ma montare no, adesso non più».
Però dovrebbe sembrarle quanto meno strano, no?
«Il fatto è che se uno sportivo è costretto a smettere a causa di situazioni di forza maggiore, infortuni o comunque motivi indipendenti dalla sua volontà… allora la si può prendere veramente male. Ma quando la decisione nasce da una libera scelta, da una scelta personale, meditata e soppesata… va bene così. Se un domani scoprirò che senza concorsi proprio non posso stare e se ci dovessero essere le condizioni per riprendere ma solo nel modo in cui lo concepisco io, beh… vedremo. Per adesso, ripeto, la mia decisione è quella di smettere».
L’idea di non vedere più Gianni Govoni in campo ostacoli fa immediatamente pensare a quali e quante situazioni meravigliose il salto ostacoli azzurro ha vissuto in passato grazie a lei…
«È stata un’esperienza bellissima, sono pieno di ricordi meravigliosi… qualcuno anche brutto, come quando mi sono buttato alle Olimpiadi a 23 anni senza nemmeno sapere cosa volesse dire… ma per fortuna quelli belli sono la maggioranza».
Se dovesse indicare il più bello?
«Sicuramente uno di quelli belli è la vittoria con Joyau d’Opal del Gran Premio del Global Champions Tour a Rio de Janeiro, erano ancora i primi anni del circuito. Ma ce ne sono per fortuna tanti altri… ».
Ha detto anche qualcuno brutto…
«Quello che non sono mai riuscito a digerire fino a oggi è stato il Campionato del Mondo di Jerez de la Frontera… ».
Nessuno l’ha digerito, stia pur sicuro… Quinto posto a un passo dalla finale con lo scambio dei cavalli, un po’ di fortuna per chi è arrivato a quella finale al suo posto…
«Mille pensieri… mi sono continuamente chiesto chissà cosa sarebbe successo se… forse era destino… insomma, quella situazione non l’ho mai assorbita. Mai… ».
In sella ad Havinia: si può dire che per lei sia stata la cavalla più importante?
«Sicuramente quella delle maggiori soddisfazioni agonistiche: ma la cavalla del mio cuore, quella alla quale sono stato più affezionato sebbene non avesse i mezzi di molti altri è stata Love Affair».
E poi le persone: se dovesse citare quelle per lei più significative nel corso di tutti questi anni?
«Beh, partirei con mio padre… Ma poi il colonnello Raimondo d’Inzeo che si può dire mi abbia scoperto… Poi mio suocero, tutti i tecnici che ho avuto, tutti i proprietari, ho montato per tantissime persone diverse… quindi tutti, tutti loro. Però se dovessi dire chi mi ha insegnato più di tutti a cavallo e con i cavalli, allora direi Henk Nooren. Lui ha dato un’impronta ben definita non solo a me ma a tutti i cavalieri con i quali ha lavorato in Italia. Ma per me è stato determinante in tutti i sensi».
Senta, lei ha 58 anni, è nel pieno della forma fisica, è un cavaliere ammirato e apprezzato ovunque e da chiunque… Facciamo che questa è una pausa per rifiatare un po’ e poi si riparte?
«No, adesso come adesso dico di no. Poi nessuno può ipotecare il futuro al cento per cento… Oggi dico che smetto. Una decisione che ho preso riflettendo ormai da diversi mesi. Soprattutto oggi mi sento benissimo così: a piedi».